Il Glaucoma

CHE COS’È IL GLAUCOMA
Il glaucoma è una malattia oculare caratterizzata da un danno progressivo del nervo ottico, che è la connessione tra l’occhio e i centri nervosi cerebrali dove devono arrivare le informazioni visive. La causa del danno al nervo ottico consiste principalmente nell’aumento della pressione interna dell’occhio che provoca
schiacciamento e cattiva irrorazione sanguigna del nervo ottico stesso. La pressione interna dell’occhio, i cui valori normali sono compresi tra 14 e 18 mmHg, aumenta perchè il liquido chiamato umore acqueo, che è prodotto in continuazione all’interno del bulbo, incontra una anomala difficoltà a defluire verso l’esterno attraverso le normali vie anatomiche predisposte.
Il danno al nervo ottico se non diagnosticato e curato, comporta in definitiva una riduzione permanente della vista, ma oggi le terapie mediche, parachirurgiche e chirurgiche consentono un buon controllo della malattia, soprattutto se la diagnosi viene fatta non appena si avvertono i primi segnali.

I FATTORI DI RISCHIO
Valori di pressione endoculare: l’incidenza del glaucoma aumenta esponenzialmente con la pressione intraoculare.
Familiarità: se i genitori sono affetti da glaucoma il rischio è 2 volte superiore; se lo sono i fratelli 3 volte.
Età: l’incidenza del glaucoma aumenta linearmente con l’età.
Fattori oculari che indicano un nervo ottico più suscettibile: miopia, emorragie o atrofia della retina intorno alla papilla.
Vasospasmo: 48% dei glaucomi normotensivi soffrono di emicrania.
Ipotensione arteriosa o altri fattori vascolari: (malattie cardiovascolari, diabete, maggiore viscosità del sangue).

I SINTOMI
Nella sua forma più fequente (glaucoma cronico ad angolo aperto) il glaucoma è una malattia subdola perchè quasi sempre “asintomatica”. Solo nelle fasi tardive,quando il danno al nervo ottico è ormai avanzato si manifestano evidenti difficoltà visite. Le alterazioni iniziali, che non possono essere rilevate se non con
specifici esami strumentali (campo visivo), consistono in aree di ridotta sensibilità della percezione luminosa, che pian piano diventano zone cieche del campo visivo.
Se non diagnosticato e curato per tempo il glaucoma può compromettere la maggior parte delle fibre ottiche costituenti il nervo ottico con grave danno funzionale, giungendo nei casi più estremi alla cecità completa.

LA FREQUENZA DEL GLAUCOMA
Secondo recenti studi il 2% della popolazione italiana sopra i 40 anni soffre di glaucoma, con una maggiore prevalenza al Nord (48%), seguito dal sud (28%) e dal Centro (24%). Nei prossimi anni ci si aspetta un aumento della malattia del 33% dovuto al progressivo invecchiamento della popolazione.

LE FORME DI GLAUCOMA
Esistono molti tipi di glaucoma. I più frequenti, pur con le loro numerose varianti, sono: il glaucoma cronico ad angolo aperto e il glaucoma da chiusura dell’angolo. Nel glaucoma ad angolo aperto, l’umore acqueo incontra difficoltà a fuoriuscire dal bulbo per un anomalo infittimento della struttura che deve attraversare per lasciare l’occhio (una specie di “filtro” chiamato trabecolato).
Questo provoca un costante, e spesso non elevatissimo aumento della pressione interna dell’occhio. Nel glaucoma da chiusura d’angolo è invece la parte più periferica della nostra iride (la posizione colorata del nostro occhio) che va a “tappare” in modo più o meno brusco e più o meno completamente la zona dove l’umore acqueo fuoriesce dal bulbo (“l’angolo” appunto) che per ragioni anatomiche si presenta più acuto (o “stretto”) del normale.
L’aumento della pressione può essere anche improvvisa e raggiungere valori molto elevati. Altri tipi di glaucoma, sebbene più rari dei precedenti sono: il glaucoma a bassa pressione, dove i danni al nervo ottico si producono pur con valori pressori compresi nei limiti di “normalità”; il glaucoma congenito che, comparendo subito dopo la nascita, comporta sintomi precoci e specifici (fastidio alla luce, lacrimazione).

LA DIAGNOSI DEL GLAUCOMA
Proprio perchè spesso il glaucoma si presenta in assenza di sintomi, sono importanti esami e test specifici adatti per una corretta diagnosi. Gli esami principali per giungere alla diagnosi di glaucoma sono:
– Dati anamnestici, cioè indagine sulla storia personale e familiare (esiste una sicura familiarità);
– Misurazione della pressione oculare (effettuata con l’apposito strumento detto tonometro). Questo esame è indolore e rapido;
– Gonioscopia cioè l’esame dell’angolo della camera anteriore, per valutare l’ampiezza e la pervietà delle vie di deflusso dell’umore acqueo;
– Esame del fundus consente l’ispezione diretta del nervo ottico, per valutarne un eventuale alterazione o danneggiamento;
– Campo visivo, cioè l’esame computerizzato della porzione del mondo esterno visibile da un singolo occhio in posizione fissa, e della sensibilità alla intensità luminosa nei vari punti testati;
– Pachimetria, per misurare lo spessore della cornea.

Esistono poi indagini specifiche svolte da specialisti che servono ad analizzare le fibre nervose della retina ed il nervo ottico. La loro utilità consiste nel permettere di giungere ad una diagnosi precoce della malattia glaucomatosa.

IL TRATTAMENTO DEL GLAUCOMA
Il trattamento del glaucoma si basa essenzialmente sulla riduzione della quantità di umore acqueo all’interno dell’occhio, abbassando quindi la pressione endoculare, che può essere ottenuta con farmaci, con il laser o con la chirurgia. I colliri miotici agiscono sulla pupilla, restringendola; i beta bloccanti riducono la produzione di umore acqueo da parte del corpo ciliare; i simpaticomimetici adrenergici incrementano il deflusso trabecolare e uveosclerale; gli alfa 2 antagonisti adrenergici riducono la produzione di umore acqueo; i derivati dalle
prostaglandine e prostamidi incrementano il deflusso uveosclerale; gli inibitori della anidrasi carbonica riducono la produzione di umor e acqueo. Ogni farmaco ha quindi un particolare meccanismo di azione a livello della circolazione e/o della produzione dell’umore acqueo. Il glaucoma è però una malattia multifattoriale dove tra i fattori che la provocano vi è l’alterazione della pressione endoculare, ma non solo. Per questo è importante una diagnosi precoce tramite visite frequenti e approfondite. Inoltre sempre più attenzione viene posta alla
protezione delle fibre nervose che costituiscono il nervo ottico.

La Degenerazione Maculare legata all’età (DMLE)

CHE COS’È?
La DMLE è una malattia che causa la perdita progressiva della visione centrale: si tratta, in particolare, di un’affezione della parte centrale della retina, detta macula, che può compromettere sia la visione centrale sia quella dei dettagli. La macula è una piccola area della retina deputata alla visione centrale, cioè alla distinzione delle immagini: essa consente di leggere, scrivere, distinguere i dettagli più fini. Al di fuori della macula, le immagini proiettate permettono di vedere l’ambiente circostante e, quindi, di avere una visione dello
spazio. La degenerazione maculare è una malattia che interessa solo la parte centrale della retina, mentre l’area periferica resta inalterata.
Questa affezione rende difficili la lettura e la visione dei dettagli senza l’ausilio di strumenti di ingrandimento, come ad esempio una lente.

EPIDEMIOLOGIA E FATTORI DI RISCHIO
Questa patologia è correlata all’età. Ha esordio a partire dai 50 anni con una frequenza sempre maggiore con l’avanzare dell’età (12% fra i 60 e i 70 anni, 30% intorno ai 75 anni e fino al 60% dopo i 90 anni) e una più alta prevalenza nelle donne.
Esistono, tuttavia, determinati fattori di rischio e fattori genetici (familiarità) che possono favorire l’insorgenza e accelerare la progressione della malattia. Fra i fattori di rischio per l’insorgenza della DMLE, si possono distinguere:
– fattori unanimemente riconosciuti quali l’età e il fumo;
– fattori in fase di valutazione quali il sesso, l’etnia, l’ipertensione arteriosa, l’obesità, e, infine, fattori coinvolti nello stress ossidativo quali l’esposizione cronica alla luce e la carenza di vitamine e
oligoelementi.

La combinazione di questi diversi fattori e una predisposizione genetica causano la formazione delle cosiddette
drusen, elemento chiave dello sviluppo della DMLE che può presentarsi in due diverse forme. Con il prolungamento della durata della vita, l’affezione “ha il tempo” di evolvere oltre gli stadi iniziali, relativamente silenti e che costituiscono la “maculopatia legata all’età” (drusen), fino a raggiungere lo stadio di degenerazione (DMLE atrofica e DMLE neovascolare).

COSA SONO LE DRUSEN?
Le drusen sono depositi di sostanza che si accumulano sotto la retina e si presentano come macchie bianco-giallastre durante un esame del fondo oculare. Le drusen sono detriti cellulari che la retina non riesce ad eliminare. Sebbene talvolta si osservi la presenza di drusen in pazienti giovani affetti da altre malattie, esse sono caratteristiche della degenerazione maculare senile e sono presenti sin dall’inizio della malattia. In questo stadio, la visione centrale e la visione dei dettagli sono ancora normali, tuttavia, le drusen possono causare danni irreversibili che portano progressivamente a una degenerazione e, infine, alla distruzione dei fotorecettori.

ESISTONO DUE FORME DI DMLE: SECCA E UMIDA
La forma secca o atrofica è la più frequente (85%-90% dei pazienti) e la meno grave delle forme accertate di DMLE. Essa interessa spesso entrambi gli occhi, ma solitamente si manifesta in modo asimmetrico.
Si verifica un’alterazione della funzionalità delle cellute deputate alla percezione degli stimoli luminosi e dei pigmenti dello strato profondo della retina (epitelio pigmentato) che vengono sostituiti da zone atrofiche (aree con cellule e vasi atrofizzati). Queste zone compaiono intorno alla macula e si estendono lentamente, nel corso di molti anni, senza dare problemi di vista. Esse finiscono, tuttavia, per ricongiungersi e interessare l’area foveale (al centro della macula), causando un calo della vista. Questa forma di DMLE ha un’evoluzione lenta.
La forma umida o neovascolare è più rara della forma secca (colpisce il 10-15% dei pazienti), ma progredisce più rapidamente.
Può condurre in pochi mesi, se non addirittura in poche settimane, ad una grave compromissione della funzione visiva. In questo stadio è possibile trarre beneficio da nuovi trattamenti (laser, terapia fotodinamica, iniezione intraoculare di farmaci antiagiogenici).
Nella DMLE umida possono svilupparsi dei neovasi, vasi patologici di nuova formazione, in un’area in cui sono inutili e dannosi. Per ragioni non completamente chiare, correlate anche all’età e alla presenza di drusen, questi vasi si estendono verso la retina sviluppandosi in modo anomalo e causando complicazioni di tipo emorragico e formazione di cicatrici. Inoltre, i pazienti che sviluppano neovasi in un occhio hanno un rischio valutato fra il 50 e il 90% di presentare complicazioni nel secondo occhio.

IL TRATTAMENTO MEDICO DELLA DMLE
Attualmente non sono disponibili farmaci in grado di prevenire la DMLE, tuttavia, un recente studio ha messo in evidenza il ruolo positivo dell’assunzione di vitamine antiossidanti e di zinco al fine di rallentare la progressione della malattia (AREDS). È noto, infatti, che le difese naturali della retina contro le aggressioni tossiche sono rappresentate da enzimi che agiscono in combinazione con alcune vitamine (A, C ed E) e con alcuni oligoelementi (rame, selenio e zinco) aventi un’azione antiossidante. Inoltre, vari studi epidemiologici hanno messo in evidenza il ruolo protettivo di determinati costituenti, come la luteina, la zeaxantina, gli acidi grassi omega3, il resveratrolo, ecc…

CONSIGLI PRATICI
È di essenziale importanza diagnosticare le manifestazioni precoci, ovvero la maculopatia, al fine di ritardare quanto più possibile l’evoluzione verso la degenerazione maculare.
A partire dai 50 anni è importante effettuare periodicamente visive oculistiche. L’oftalmologo, infatti, esaminando il fondo oculare, cercherà di individuare eventuali drusen, rilevandone dimensioni, quantità e densità.

È possibile combattere i fattori di rischio mettendo in pratica alcune norme:
– migliorare il regime alimentare associando, quando necessario,un trattamento anticolesterolo;
– mantenere sotto controllo la pressione arteriosa;
– smettere di fumare;
– proteggersi dall’azione dannosa dei raggi solari.

Per contrastare lo stress ossidativo è molto importante seguire un’alimentazione ricca e varia. Se l’alimentazione è poco equilibrata (alimentazione non sufficientemente varia e troppo povera di pesce,
frutta e verdura fresca), è possibile trarre beneficio da una integrazione dietetica con antiossidanti, omega-3 e luteina. In caso di DMLE è indispensabile controllare la funzione visiva attraverso un test di autodiagnosi, utilizzando la griglia di AMSLER che permette di individuare deformazioni o “metamorfopsie”.

TEST DI AUTODIAGNOSI
Istruzioni per l’uso:
1) coprire un occhio con la mano, indossando gli occhiali che vengono utilizzati abitualmente per leggere;
2) collocarsi alla distanza di lettura abituale;
3) fissare il punto centrale;
4) ripetere dal punto 1 per l’altro occhio.

Fissando il punto nero, segnalare se si osservano distorsioni di righe o macchie scure localizzate sempre nello stesso punto. In tal caso consultare l’oculista.

La Retinopatia Diabetica

COS’È IL DIABETE E COSA PROVOCA?
Il diabete è una malattia in cui il valore della “Glicemia” (ossia la concentrazione nel sangue di uno zucchero chiamato Glucosio) è superiore alla norma e necessita quotidianamente di essere ridotto con una dieta o speciali terapie.
Queste si basano sull’uso di iniezioni di “insulina” o di sostanze, dette “ipoglicemizzanti”, in pastiglie. Il diabete causa un’alterazione dei vasi sanguigni in tutto il corpo, con una particolare predilezione per i vasi capillari, vale a dire i vasi più piccoli del nostro sistema arterioso. I vasi capillari sono importanti, in quanto portano il sangue ai tessuti scambiando con essi ossigeno e nutrimenti. Il danno che subiscono con il diabete è determinato dall’interazione fra i costituenti della loro parete e lo zucchero circolante in eccesso nel sangue. La retinopatia diabetica è perciò una manifestazione localizzata, oculare, della malattia diabetica.

LA RETINOPATIA DIABETICA
La retinopatia diabetica è la vasculopatia dei capillari retinici e si sviluppa attraverso varie fasi. Inizialmente nelle pareti dei capillari si creano delle zone di “indebolimento”, alternate a zone di “ispessimento”. Quando i vasi capillari hanno la parete indebolita possono dilatarsi localmente, formando dei “microanerismi”, possono far trasudare la parte liquida del sangue formando un ispessimento della retina dello “edema”, oppure possono lasciare fuoriuscire delle sostanze grasse che si accumulano nella retina sotto forma di chiazze giallastre
dette “essudati duri”.

In altri casi possono rompersi causando “emorragie” nella retina o nel corpo vitreo, all’interno del globo oculare.
Quando invece i capillari hanno la parete troppo spessa possono occludersi, interrompendo il flusso di sostanze nutritive e di ossigeno al tessuto retinico: in questo caso possono essere osservate zone di sofferenza retinica biancastre con l’aspetto di fiocchi di cotone, dette “essudati cotonosi” o “aree ischemiche”.
Come conseguenza della chiusura di alcuni capillari, le zone contigue cercano di compensare la mancanza di sostanze nutritive producendo nuovi capillari.
Questo fenomeno viene chiamato “neovascolarizzazione” e costituisce un pericolo in quanto questi capillari, prodotti in modo veloce e disordinato, sono anormali e possono facilmente rompersi causando ulteriori emorragie.

I SINTOMI
I sintomi dipendono dalla localizzazione delle lesioni che interessano i capillari: nel caso queste colpiscano dapprima il centro della retina, ossi la macula, si potrà osservare anche in fasi relativamente precoci della malattia una riduzione della capacità visiva, con particolare difficoltà nelle attività che richiedono una distanza ravvicinata.
Solitamente però, la retinopia diabetica risulta silente per un periodo di tempo variabile da individuo a individuo, in quanto colpisce per prime le aree cosiddette “medio-periferiche”.
I disturbi visivi si manifestano quando le alterazioni coinvolgono il centro della retina, ed hanno quindi raggiunto una certa estensione. Improvvise perdite della vista possono essere dovute ad una emorragia intraoculare (emovitreo), oppure alla occlusione di un grosso vaso (trombosi), che blocca più o meno completamente il flusso di sangue nella retina.

COME SI DIAGNOSTICA
Durante una visita oculistica completa, il medico oculista, può osservare la retina con numerosi strumenti e accertare la presenza di una retinopatia diabetica in atto.
L’esame della retina viene solitamente condotto con l’ “oftalmoscopio” ed il “biomicroscopio” (detto anche lampada a fessura) e particolari lenti. Molto spesso è necessario dilatare la pupilla con un apposito collirio per poter esplorare meglio i dettagli della retina. Un rilievo importante è comunque la misurazione della capacità visiva, le cui variazioni seguono di pari passo le alterazioni retiniche. In alcuni casi selezionati e ad esclusivo giudizio dello specialista può essere richiesta una “fotografia” della retina oppure una “fluoroangiografia”. Con l’esame fluoroangiografico si inietta in una vena del braccio un colorante (fluorescina) che può essere fotografato mentre circola attraverso i vasi della retina. Le fotografie,scattate dopo aver dilatato le pupillo con apposito collirio, vengono fortemente ingrandite, permettendo di riconoscere e classificare la retinopatia.

TIPI DI RETINOPATIA DIABETICA
La retinopatia diabetica può essere suddivisa in due tipi principali.
Retinopatia diabetica non proliferativa: si verifica quando sono presenti perdite di sostanze capillari, anche sufficienti a causare edema maculare, piccole emorragie e zone di capillari occlusi.
Retinopatia diabetica proliferativa: è caratterizzata nello stadio iniziale da occlusione dei capillari
con macchie retiniche a fiocco di cotone. Nella fase proliferativa vera e propria i capillari anormali si sviluppano, stimolati dalla occlusione dei piccoli vasi retinici. A questo punto si possono verificare emorragie, anche gravi, per rottura dei capillari neoformati, e la formazione di tessuto fibroso che contraendosi può esercitare una trazione sulla retina fino a distaccarla. In questa fase può formarsi un’emorragia vitreale.

IL DISTACCO DI RETINA NELLA RETINOPIA DIABETICA
Il distacco della retina è una grave complicazione della retinopia diabetica.
Questo tipo di distacco è dovuto alla presenza di capillari anormali che, partendo dalla retina, crescono verso l’interno dell’occhio, sostenuti dall’impalcatura fornita dal corpo vitreo.
Solitamente nella loro crescita disordinata trascinano anche la retina verso il centro dell’occhio.
Per questo motivo il distacco viene detto “trazionale” (cioè da trascinamento).
La riparazione di questo distacco di retina necessita di un’operazione chiamata “vitrectomia”.

ALTRI PROBLEMI OCULARI
La cataratta è un’opacità del cristallino.
Le persone affette da diabete possono sviluppare una cataratta più precocemente rispetto ad altri individui della stessa età. In alcuni casi la presenza di una retinopatia diabetica può richiedere particolari accorgimenti in caso di intervento di cataratta e, purtroppo, la sua presenza può rendere meno efficace questa
chirurgia.
In altri casi, invece, l’estrazione della cataratta è raccomandabile proprio per poter visualizzare la retina e
trattare la retinopatia.
Il glaucoma è una malattia del nervo ottico che viene danneggiato dalla pressione oculare troppo elevata. In alcuni casi la retinopatia diabetica può insorgere in pazienti già affetti da glaucoma; in altri, la presenza di una retinopatia diabetica può da sola scatenare una forma di glaucoma secondario.
Pertanto, il controllo della pressione oculare, è una parte molto importante dell’esame specialistico oculistico a cui i pazienti diabetici devono sottoporsi periodicamente.

L’USO DEL LASER NELLA RETINOPATIA DIABETICA: LA FOTOCOAGULAZIONE
Il trattamento della retinopatia diabetica prevede l’uso del laser. Il raggio laser consiste in un fascio di luce molto concentrata che può essere usato in campo medico per molti scopi.
Nel caso particolare del trattamento retinico questo raggio di luce viene sfruttato per la sua capacità di creare delle piccole lesioni termiche che possono “saldare” o distruggere il tessuto colpito.
Questa capacità viene chiamata “fotocoagulazione”. Applicando il trattamento laser sulla aree malate della retina l’oculista può ridurre l’edema, distruggere i capillari chiusi e saldarne altri che stanno trasudando. Inoltre può ridurre e, talvolta, interrompere la crescita di capillari anormali.

L’occhio secco

CHE COS’È ?
L’occhio secco è una diminuita produzione di lacrime che causa i seguenti sintomi soggettivi:
– Bruciore
– Senso di corpo estraneo
– Difficoltà di apertura della palpebra specie al risveglio
– Fotofobia (fastidio alla luce)
– Secrezione mucosa al canto interno durante la giornata e nei casi più gravi
– Dolore
– Annebbiamento visivo

Questi sintomi dipendono sostanzialmente da una scarsa produzione di lacrime dovuta a cause molteplici e diverse.

LE LACRIME
Le lacrime formano una pellicola liquida (film lacrimale) che ricopre l’occhio, interponendosi tra esso e l’ambiente esterno.
Sono composte prevalentemente di acqua. Contengono anche elettroliti,proteine, grassi e sostanze organiche (lisozima). Sono prodotte dalle ghiandole lacrimali, principali ed accessorie, che riversano il loro secreto all’interno del sacco congiuntivele e si raccolgono nell’angolo nasale dell’occhio. Qui, attraverso due piccole aperture, i punti lacrimali, e attraverso il canale nasolacrimale vengono trasportate all’interno del naso.
Esistono due tipi di produzione di lacrime:
– Basale, cioè continua e costante.
– Riflessa, cioè causata da stimoli interni ed ambientali diversi.
(Ad esempio: un corpo estraneo all’interno del sacco congiuntivale; in tal caso le lacrime agiscono da liquido di
lavaggio. Oppure una condizione di paura, solitudine e disperazione; ed è il pianto, atto che ci accompagna sin dalla nascita, quando il neonato con esso inizia la respirazione).

Le funzioni delle lacrime sono molteplici:
– Lubrificazione dell’occhio. L’occhio è protetto dall’ambiente esterno dalle palpebre che, come una finestra, si aprono e si chiudono scivolando sulla cornea. Le lacrime sono come l’olio lubrificante di un motore.
– Nutrizione della cornea. La cornea non ha vasi sanguigni. Le lacrime le apportano sostanze nutritive ed ossigeno.
– Difesa. Le lacrime “lavano” l’occhio, asportando tutte le sostanze – rifiuto e non permettendo l’attecchimento di germi.

CHE COS’È IL FILM LACRIMALE
E’ una pellicola liquida, presente in tutti i vertebrati, che ricopre la superficie corneo-congiuntivale. È l’interfaccia tra occhio ed ambiente esterno. Si suddivide in tre strati: lipidico, acquoso, mucoso.

PERCHÈ SI HA L’OCCHIO SECCO?
Le cause sono molteplici e non sempre conosciute. Gli oculisti distinguono due forme:

Forme primarie (Sindrome di Sjogren)
Sono manifestazioni oculari di una malattia generale autoimmune come ad esempio: lupus eritematoso sistemico, artrite reumatoide, sclerodermia ecc.

Forme secondarie
Dovute ad una eccessiva evaporazione del film lacrimale (blefariti, congiuntiviti, uso protratto di lenti a contatto, ridotta secrezione senile, da farmaci sistemici, da ipovitamitosi A, da uso protratto di colliri).

QUALI SONO I FATTORI DI RISCHIO?
Età avanzata: fenomeno legato alla progressiva atrofizzazione delle ghiandole lacrimali.
Sesso femminile: specie tra i 40 ed i 60 anni probabilmente a causa dei nuovi equilibri ormonali del climaterio.
Farmaci: ormoni ed immunosopressori.
Fattori climatico-ambientali: aria condizionata, clima secco, fumo di sigaretta, smog.
Attività lavorativa: videoterminali.
Uso di lenti a contatto.
Deficit nutrizionali: insufficiente apporto di vitamina A.

COME SI DIAGNOSTICA?
Un normale esame oculistico permette di individuare sia le alterazioni qualitative (il test di rottura del film lacrimale (BUT), il test della felcizzazione) che quantitative (il test di Schirmer, il test di Jones) della lacrimazione. Questi ultimi vengono eseguiti introducendo due striscioline di carta bibula all’interno del fornice palpebrale inferiore di ciascun occhio e si misura la porzione di carta inumidita dopo tre o cinque minuti.

COME SI CURA?
Oggi non si è in grado di garantire la piena guarigione dell’occhio secco nel senso del ripristino della produzione di un film lacrimale stabile. Questo perchè le cause che possono portare all’occhio secco sono numerosissime. Normalmente si pratica una terapia sintomatica a base di colliri o gel di sostante sostituti delle lacrime. Non è consigliabile l’autoprescrizione di colliri a base di lacrime artificiali: è sempre importante sottoporsi ad una visita da parte dello specialista oculista per un preciso inquadramento diagnostico e per la migliore prescrizione terapeutica anche se non sempre risolutiva.

La Blefarite

CHE COS’È?
È un’infiammazione cronica del margine palpebrale ed è caratterizzata dalla presenza di squame e detriti di consistenza oleosa sul margine palpebrale e sull’impianto delle ciglia. I sintomi più comuni della blefarite sono: prurito, bruciore, sensazioni di corpo estraneo, formazione di piccole croste sul bordo palpebrale e tra le ciglia.

È’ IMPORTANTE SAPERE
Che la blefarite è una malattia cronica, ma l’osservazione scrupolosa della terapia e delle indicazioni del vostro medico oculista vi permetterà di tenere i sintomi sotto controllo.

È’ IMPORTANTE ESEGUIRE
Quotidianamente un’accurata detersione delle palpebre e delle ciglia, anche quando i sintomi della malattia non sono evidenti.

L’occhio rosso

COS’È?
Quello che in modo generico viene definito “occhio rosso” potrebbe nascondere invece un’infezione, oppure essere la conseguenza del contatto con sostanze sensibilizzanti (es. trucchi, detergenti) o ancora la manifestazione di una forma allergica anche nel periodo invernale, fuori stagione rispetto alle tipiche reazioni da pollini. Le irritazioni degli occhi, definite congiuntiviti, costituiscono la patologia oculare più frequente. Per congiuntivite s’intende l’infiammazione della congiuntiva, (della membrana che riveste esternamente il bulbo
oculare e la parte interna delle palpebre). L’irritazione si manifesta, generalmente, provocando bruciore e dando la sensazione di un corpo estraneo, come se ci fosse della sabbia tra l’occhio e la palpebra; gli occhi si arrossano, bruciano e spesso si avverte una sgradevole sensazione di prurito; la lacrimazione aumenta ed è
spesso accompagnata da secrezione. In alcuni soggetti anche la luce può dare fastidio (fotofobia). Non è detto che tutti i sintomi sopra elencati siano presenti contemporaneamente: talvolta la congiuntivite può essere caratterizzata anche da uno solo di essi. “Le irritazioni sono provocate da diversi fattori: infezioni batteriche, virali o fungine, ma anche sostanze urticanti e allergeni, che oltre ai noti pollini comprendono numerosi agenti che si annidano spesso in ambito domestico o lavorativo e la cui azione allergizzante è favorita nel periodo invernale, dagli ambienti chiusi.” Infatti, oltre agli allergeni che provocano congiuntiviti come ad esempio i pollini, altri elementi possono scatenare determinate reazioni, tra questi: il pelo degli animali (in particolare cani e gatti) e gli acari che si trovano nelle nostre case dodici mesi all’anno. Le persone che hanno una lacrimazione scarsa e densa sono più predisposte a questo tipo di disturbi (in ambienti riscaldati e poco umidificati); le lacrime, al pari della saliva, oltre a detergere, contengono enzimi che attaccano e distruggono gli agenti infettivi. Le donne in menopausa o in gravidanza dopo il terzo mese sono più soggette a secchezza delle mucose e di conseguenza sono maggiormente esposte a questi disturbi; lo stesso discorso vale per coloro che soffrono di malattie autoimmuni. Riconoscere le diverse cause delle forme di irritazione è molto importante al fine di curare correttamente gli occhi.

Miodesopsie

COS’È?
Le miodesopsie o mosche volanti sono la manifestazione di ombre mobili nel campo visivo dell’occhio dovute ad una non perfetta trasparenza del corpo vitreo, che col tempo, è colpito da un processo degenerativo. Il corpo vitreo, perdendo la sua trasparenza per invecchiamento o per patologie come la miopia, forma al proprio interno dei detriti proteici che, intercettando la luce che entra nell’occhio, proiettando la loro ombra sulla retina.

DESCRIZIONE
Il corpo vitreo costituisce oltre la metà dell’intero volume dell’occhio ed è situato tra il cristallino e la retina ed è formato da una sostanza acquosa detta umor vitreo sostenuta da fibre vitreali, formate essenzialmente da collagene, acido ialuronico ed altre proteine solubili. Quando si osserva un oggetto,la luce messa a fuoco dal cristallino, attraversa il corpo vitreo e crea un’immagine speculare dell’oggetto sulla retina. Il corpo vitreo, quindi, dovrebbe essere perfettamente trasparente per garantire una visione nitida. A causa dell’invecchiamento naturale (o di altre concause come la miopia) le fibrille che sostengono l’umor vitreo
possono collassare e liquefarsi, creando dei corpi opachi liberi di muoversi all’interno dell’occhio. Poiché questi corpi non sono perfettamente trasparenti creano dei coni d’ombra sulla retina al passaggio della luce e sono visibili a chi soffre di miodesopsie come oggetti eterei in movimento nel campo visivo simili appunto
a delle mosche volanti. Questi oggetti sono particolarmente evidenti facendo operazioni di ricerca e fissando lo sguardo su un fondo omogeneo e luminoso, come ad esempio un cielo azzurro o un monitor da computer con un fondo chiaro. La forma e la quantità di queste ombre varia da soggetto a soggetto, possono manifestarsi in forme circolari, ad anello, filamentose o perfino simili a ragnatele; anche le dimensioni variano molto, da piccoli puntini appena osservabili fino a macchie che si estendono per l’intero campo visivo.

CAUSE
In letteratura le miodesopsie sono considerate difetti secondari della vista e non una malattia; tuttavia la letteratura considera l’insorgenza di miodesopsie perfettamente nella norma per una popolazione tra i 50 e i 60 anni mentre si sta recentemente evidenziando come le miodesopsie stiano colpendo giovani tra i 20 e i 30 anni. Ad oggi le cause non sono ancora note. Le miodesopsie sono spesso associate al distacco del vitreo e in alcuni casi al distacco della retina. In questo caso sono anche visibili lampi di luce al buio che sono causati dalle sollecitazioni meccaniche compiute dal corpo vitreo distaccato, contro la retina. Il distacco retinico può avere conseguenze gravi per la vista, inclusa anche la cecità. Un esame oculistico è fortemente raccomandato in tutti questi casi.

CURE
Ad oggi non esistono cure farmacologiche per eliminare il problema. Tentativi (che possono comportare anche serie complicanze) sono stati fatti con particolari tipi di laser oppure con la chirurgia mini-invasiva, quando l’entità dei corpi mobili è tale da oscurare in modo persistente e duraturo la vista. È auspicabile che il paziente confidi nella capacità di adattamento del cervello di vedere attraverso i buchi lasciati dai corpi mobili. In letteratura si legge di persone che col tempo (mesi o anni) hanno imparato ad
ignorare quasi completamente le miodesopsie mentre altre hanno visto aggravare la loro condizione. A volte chi ne è affetto, sebbene in condizioni normali abbia una vista buona, tende a ricercare con ossessione di vedere le proprie miodesopsie amplificando di fatto il problema a livello psicologico. In alcune situazioni l’impossibilità di osservare attraverso le miodesopsie, apparendo esse opache, può rappresentare la presenza di coaguli ematici. Medici oculisti spesso prescrivono integratori alimentari specifici, consigliano di ignorare il problema, condurre la vita di sempre e bere molta acqua. Inoltre una buona alimentazione ricca di vitamine, frutta, verdura, liquidi è di fondamentale importanza, specie durante la stagione calda, per prevenire alterazioni vitreali.

Cheratocono

COS’È?
Il cheratocono è una malattia della cornea (distrofia corneale progressiva non infiammatoria) che generalmente colpisce entrambi gli occhi (85% dei casi). Il problema insorge quando la parte centrale della cornea inizia ad assottigliarsi e ad incurvarsi progressivamente verso l’esterno.
Si verifica quindi una curvatura irregolare della cornea, che perde la sua forma sferica, divenendo conica. Ha una maggiore frequenza nel sesso femminile e sembra in relazione a disfunzioni delle ghiandole endocrine (ipofisi, tiroide). Può esistere anche una predisposizione ereditaria. La malattia può presentarsi già durante
l’adolescenza.

SINTOMI
La curvatura irregolare creatasi modifica il potere refrattivo della cornea, producendo distorsioni delle immagini ed una visione confusa sia da vicino che da lontano. Il paziente lamenta comunque una diminuzione della vista, soprattutto da lontano. La qualità della visione continua a peggiorare irreversibilmente; il rischio è che venga scambiata con una miopia associata ad astigmatismo. Dopo qualche anno compaiono i sintomi della
presenza del cheratocono: l’occhio diviene più brillante, gli oggetti che si riflettono sulla cornea appaiono deformati. L’occhio, se visto di profilo, mostra una sporgenza caratteristica della superficie oculare trasparente.
Utilizzando il biomicroscopio, si nota una diminuzione notevole dello spessore sulla sommità della cornea. Col tempo essa diventa opaca a causa di un’alterazione nell’apporto nutritivo.
Se la malattia viene trascurata, la sommità si ulcera; compaiono dolore, lacrimazione e spasmo delle palpebre. Questi cambiamenti della cornea producono infatti un’alterazione nella disposizione delle proteine corneali, causando delle microcicatrici che distorcono ulteriormente le immagini e – in taluni casi – impediscono il passaggio della luce, dando un fastidioso senso di abbagliamento, soprattutto all’alba e al tramonto.
Altro strumento per la diagnosi di questa patologia è la topografia dell’occhio, che consiste in una ‘mappatura’ che mette in evidenza la deformazione della cornea.

TERAPIA
Nelle forme lievi si utilizzano lenti a contatto rigide per correggere il difetto visivo. Le forme più gravi, che sono progressive e che conducono ad uno sfiancamento ed assottigliamento della cornea, necessitano di intervento chirurgico come il trapianto della cornea stessa (cheratoplastica).
Dal 2002 è stata introdotta la cheratoplastica lamellare. In pratica, non viene sostituita l’intera cornea, ma solo lo spessore esterno, quello affetto dalla malattia. Un trattamento chirurgico relativamente recente è rappresentato dagli inserti intracorneali.
La tecnica, che migliora sensibilmente il visus dei pazienti, consiste nell’impianto di microscopici inserti in materiale sintetico trasparente appena sotto la superficie dell’occhio, alla periferia della cornea. Il risultato che se ne consegue è quello di una cornea più piatta e di una visione più nitida.

LA NUOVA FRONTIERA: il cross-linking corneale
Nel 2005 il Policlinico di Siena ha iniziato in Italia la sperimentazione di una nuova tecnica denominata “Crosslinking corneale mediante riboflavina e raggi ultravioletti”.
La tecnica, avviata in Germania nel 1997 ma diffusa solo negli ultimi anni, consiste nell’instillare delle gocce di vitamina B2 (riboflavina) sulla cornea e, contemporaneamente, esporre la cornea ad una luce ultravioletta.
La reazione chimica dei raggi UV-A che stimolano la riboflavina comporta un rafforzamento dei legami nel collagene corneale con un conseguente indurimento della cornea.
I primi studi hanno dimostrato che si riesce a bloccare l’evoluzione della malattia e, in molti casi, si verifica una
diminuzione della curvatura della cornea (2 diottrie in media).
Dal 1° gennaio 2007, tale terapia è stata riconosciuta a livello sia nazionale che internazionale come cura ufficiale.